Sommario
Lettera dal Presepio 5/05
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Recensioni
Giorgio Morale,
Paulu Pìulu,
Manni Editore, 2005, p.176, Euro 15,00
La poesia dell’infanzia
e un’epopea collettiva
nel romanzo di Giorgio Morale Paulu Pìulu
Ci sono libri di plastica,
intercambiabili, sovrapponibili, indistinguibili; ci sono altri libri
capaci di costruire un mondo, che trasmettono emozioni, creano figure e
linguaggio; ci sono poi alcuni libri “originali”, nel senso che hanno un
rapporto talmente forte con l’origine, che la vita circola per sempre
nelle loro pagine, come se fosse ancora in fieri e si svolgesse
attualmente sotto i nostri occhi. Uno di questi ultimi libri è l’appena
uscito “Paulu Piulu” di Giorgio Morale (Manni editore, pag. 176, euro
15).
Leggendolo si ha l’impressione che in esso non ci siano “invenzioni”, ma
solo verità e sincerità estreme: il Narratore si cala totalmente nei
panni di un’infanzia non facile, inconsapevole e innocente, i cui fatti,
duri e pesanti come pietre, si incidono talmente nelle carni, da poter
dire che siano destinati a rimanervi, in modo indelebile, anche dopo
mille anni.
1. “Paulu Piulu” è la storia di un’infanzia in Sicilia negli anni 50.
Il protagonista, il piccolo Paolo, assorbe in sé tutte le insicurezze,
le ansie, i tormenti della madre e del padre, che vivono i primi
difficili anni della loro storia coniugale col miraggio di una casa
propria e con l’ansia dei soldi per vivere e per concretizzare il
“miraggio”. Il miraggio si avvera nella prima costruzione di una casa,
ma le spese e le cambiali costringono all’emigrazione; un vero calvario
che segnerà tutta la vita di Paolo.
L’azione della narrazione si svolge ad Avola, in Sicilia, terra
natia dell’Autore, tutta attorno al pensiero e allo sguardo attento e
profondo di Paolo, che costituisce l’unità di tutto il lungo racconto
di circa 10 anni di vita.
Nelle pagine di Giorgio Morale, il lettore avverte, stranamente e
magicamente, nelle sue carni, le stesse sensazioni di Paolo: il freddo,
la povertà e l’umidità della casa nella fabbrica, le “guttere”(stillicidio)
trasudanti dal tetto di canne e gesso; le dolcezze e le durezze della
madre; l’amore silenzioso e il carattere sommesso del padre; l’egoismo e
la tirchieria dei parenti paterni; il dolore e la desolazione dopo la
partenza del padre per la Germania;
il disagio e il disadattamento di Paolo all’asilo e poi più tardi
all’Istituto Umberto I di Siracusa; l’affabilità della Mamma Maria e la
figura estrosa del nonno materno, il favoloso carrettiere; la
religiosità tutta personale e domestica della madre; la situazione di
disagio morale per gli ingenui furti ai grandi magazzini: “Gesù perdona
i poveri, perché i poveri sono santi!”; poi, infine, assai vividi, gli
odori, i colori, i sapori e le immagini dei quartieri di Avola.
Alla fine della prima parte di “Paulu Piulu”, l’opera di Giorgio Morale,
nel racconto doloroso della partenza del padre di Paolo per la Germania,
raggiunge il massimo del pathos… c’è un pianto dell’anima… c’è tutto il
vivo bruciore di una ferita che non si risana e non si rimargina: c’è la
sacra celebrazione di una memoria che non si cancella, ma che con ritmo
liturgico si riattualizza e si ripete nel tempo, per tenere nel perenne
humus le radici della propria identità e della verità della propria
storia.
Il libro si conclude con il mesto ricordo del richiamo della “piula” (il
verso superstiziosamente malaugurante di questo volatile della notte e
della morte) nell’area della fabbrica di Avola, ricollegato,
stranamente, al canto della “piula” sui tetti di Milano, ove Paolo ormai
si trova da anni.
2. Sono da segnalare, tra i pregi dell’opera di Giorgio Morale, gli
autentici bozzetti pittorici costituiti da tante descrizioni: per
citarne solo alcune, il trasloco notturno alla casa della fabbrica; la
raccolta delle lumache assieme al padre; il bombolonaio; il nonno
carrettiere; la Mamma Maria; le usanze culinarie nei quartieri popolari
avolesi; la Grande madre; la bambina brava; l’altro Paolo, il compagno
poliomelitico; la paura degli scarafaggi; Rosario, il ragazzo orfano; la
“Nascita” nella notte di Natale; il lungo bacio della “partenza”.
Anche l’emigrazione italiana in Germania, rappresentata indirettamente
attraverso i racconti di chi torna, rivive in quadri molto efficaci, che
trasmettono la concretezza e l’urgenza dei problemi del lavoro e la
suggestione dei favolosi paesi lontani.
3. “Paulu Piulu” si presenta come un libro scritto da un narratore
esterno col cuore di un bambino, per dare una “storia” alle verità
che costituiscono i cardini di un “inizio” e di un “farsi dell’uomo”
nelle vicende del tempo. E’ una rivisitazione delle verità della
fanciullezza, rivissuta nelle tante immaginazioni e pensieri “surreali”
che affollano, anche, in maniera abnorme, la mente del piccolo Paolo.
Alcuni di questi pensieri abbracciano situazioni esistenziali e tormenti
interiori, per certi versi assai simili ai disincanti e alle visioni
pessimistiche leopardiane. Ad essi si lega un “senso” evanescente di
religiosità, un bisogno di capire il “trascendente”, il divino che
ci sovrasta dai Cieli… l’attesa di capire cosa c’è in Paradiso… come e
cosa pensa Dio di noi quaggiù sulla terra,… di spiegarsi il perché della
morte…: qui, Paolo, le risposte non le trova tutte; c’è la voce
religiosa della madre che a volte lo soccorre in questi pensieri
“teologici”.
La poesia dell’infanzia in “Paulu Piulu” c’è, perché a crearsela
è lo stesso Paolo: il cane Diana, il prato nella fabbrica, i giochi
solitari, le corse, il vento, la magia delle feste, gli indovinelli del
padre, la raccolta delle lumache, le sporadiche visite al mare.
Sono brevi ed intensi i momenti di poesia, di giocosa spensieratezza, di
candore infantile e di fantasie preadolescenziali, di luci e di ombre:
Paolo vive sempre e drammaticamente i rigori eccessivamente protettivi
della madre, le ermetiche chiusure col mondo esterno: nessuno deve
entrare nei sacri drammi della famiglia.
Lo stesso dramma della partenza del padre in Germania si consuma tutto
tra le gelide mura domestiche; così la malattia della madre, le paure, i
crucci, l’insorgenza di tante domande… le non-risposte… i silenzi cupi…
le penombre di una casa che si chiude al mondo… Anche le assurdità della
vita, i bisogni non capiti, i desideri naufragati si consumano tra Paolo
e la madre, tra i bianchi muri della casa.
4. Nella “scrittura narrativa” di Giorgio Morale, di grande unità
stilistica ma nello stesso tempo capace di varietà, ora irta, ora dolce
di ricche e diffuse descrizioni, ora ispida, ora rotta, ora sofferente,
c’è la terra siciliana, con le sue tradizioni, con le sue feste, col
sole bruciante e le piogge insistenti, con il mare luccicante e con
le campagne e i monti odorosi, con le sue contraddizioni e con le sue
glorie, con i suoi profumi e i suoi odori, con i sapori marcatamente
isolani, con le mandorle, le carrubbe e le conserve di pomodoro e di
cotognata… con gli orti assolati e rigogliosi di peperoni, melanzane…
con i gelsomini profumatissimi e le arance rossastre come la luna: c’è
la Sicilia degli anni ’50, il suo profondo Sud, con Noto e i suoi
palazzi barocchi, con Cassibile e il castello della Marchesa; e, poi,
c’è Siracusa, col suo porto e il suo fascino di isola nell’isola che fa
da cornice poetica, luminosa e fascinosa, all’infanzia di Paolo, pur
sempre bella e piena di vita.
Le descrizioni, nella narrazione, non trascurano nulla: c’è il desidero
di documentare e di salvare le sensazioni e le scoperte della prima
infanzia. Inoltre, autentiche gemme di cultura orale siciliana
costellano la narrazione; si tratta degli indovinelli del padre, i
proverbi della madre, le filastrocche e gli accenni di canti della
tradizione popolare.
5. C’è ancora nella scrittura di Giorgio Morale un catalogo
caratteriologico dei siciliani. C’è il mondo suburbano di un grosso
paese di braccianti, ci sono i ceti dei piccoli proprietari egoisti ed
individualisti, ci sono i poveri senza “classe” che votano DC e le
classi subalterne di Avola, con tutti i loro pregi, i difetti e le
contraddizioni; balza, dalle tante descrizioni che impreziosiscono la
narrazione, l’abile tecnica dell’Autore nel saper sbozzare le figure, i
vizi, le virtù e le psicologie dei tanti personaggi che animano il mondo
infantile del protagonista.
In tal modo, elemento caratterizzante lo scritto di Morale è la
memoria, quasi documentaria, dell’infanzia, annotata, peraltro, in
tutti gli aspetti della nuda e cruda realtà, fonte di umane verità, su
cui Paolo ha costruito, poi, la sua vita.
6. “Paulu Piulu” è un’opera assai singolare, perché, nel groviglio di
una scrittura curata ed elegante nello stile, con le strozzature
sintattiche che danno quasi un ritmo di un pianto a singhiozzo, avvince
il lettore per la narrazione vivida di una storia individuale che
diventa l’epopea di una famiglia di emigranti, piccoli-grandi
“eroi”, né vinti e né vincitori, ma custodi gelosi delle loro verità
e del senso profondo della loro dignità di uomini.
C’è nello scritto di Giorgio Morale la spregiudicatezza della verità e
il non-senso del pudore nelle descrizioni, ora surreali, ora
documentarie, ora di mera osservazione, della natura, delle cose, dei
moti dell’anima umana e delle umane miserie, una genuinità di sentimenti
al naturale, senza ammiccamenti, sinceri, rudi, tragici… troppo umani.
C’è la dolcezza dell’amaro in bocca! E’ una scrittura della memoria,
dolorosa e dolce, di una vita “difficile”, ma completa, vissuta
intensamente, osservata nelle minuzie.
Lo stile della scrittura è elevato, ma non è sempre lineare e facile;
spesso il discorso si rompe o si mozza di colpo. Ma non si tratta di un
vezzo di tipo modernistico, bensì di una precisa scelta stilistica,
mirante a rendere, attraverso una scrittura che procede per immagini, i
momenti alti del vissuto.
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Consigliamo caldamente ai nostri
soci, amici e simpatizzanti di leggere questo bel romanzo del nostro
affettuoso Amico Giorgio Morale, da cui siamo stati molto colpiti e a
cui, dalle pagine di VOX, auguriamo il massimo successo.
Il libro è reperibile in qualsiasi libreria, che lo può richiedere, se
non è già presente, o al distributore (PDE) o direttamente all'editore:
Manni editori, via Umberto I, 47-51, 73016 San Cesario di Lecce,
tel./fax 0832.205577-0832.200373
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